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Il Made in Italy, lo sappiamo è il brand per il quale il nostro Paese è riconosciuto in tutto il mondo. Il cibo e la moda, in particolare, sono settori d’industria in cui tradizionalmente...
Il Made in Italy, lo sappiamo è il brand per il quale il nostro Paese è riconosciuto in tutto il mondo. Il cibo e la moda, in particolare, sono settori d’industria in cui tradizionalmente l’Italia vanta una posizione di eccellenza e che, nonostante la forte battuta d’arresto causata dalla pandemia, hanno le maggiori opportunità di trainare la ripresa.
L’ultimo rapporto export di Sace parla chiaro: se tutte le opere del PNRR vengono realizzate, con particolare enfasi su riforme infrastrutturali e digitalizzazione, nei prossimi cinque anni il Made in Italy potrebbe spingere la crescita del PIL italiano fino al +2,7%, un boom rispetto alla media del +0,4% del periodo 2000-2019.
L’industria alimentare e della moda in Italia sono estremamente frammentate: diversi attori si muovono lungo la filiera, ciascuno con un livello diverso di organizzazione, di competenze e anche di attitudine ad affrontare la sfida del digitale. I dati dei Fashion Economic Trends della Camera Nazionale della Moda Italiana riportano un fatturato di oltre 80 miliardi per l’industria nel 2021, con grandi probabilità di superare le aspettative il prossimo anno, mentre il Food Industry Monitor stima che l’alimentare potrà raggiungere +6% annuo entro lo stesso periodo. Se si darà priorità a investimenti in performance, innovazione e sostenibilità.
A questo scenario, infatti, vanno aggiunte altre due sfide fondamentali, che non è più possibile ignorare: la prima è quella della sostenibilità, con le aziende ritenute sempre più responsabili nell’adozione di strategie e tecnologie per ottimizzare i processi, ridurre i consumi e gli sprechi, abbattere i rischi legati all’approvvigionamento e garantire origine sostenibile dei prodotti. Secondo l’IBM Food Sustainability Study, 3 italiani su 4, sono disposti a pagare anche il 5-10% in più del prezzo allo scaffale per poter disporre di cibi di origine sostenibile e il 92% degli intervistati preferisce acquistare alimenti presso supermercati che abbiano avviato progetti e iniziative riguardanti lo spreco alimentare.
Poi ci sono i “nuovi” consumatori, quelli che dall’esperienza della pandemia hanno imparato a considerare il prodotto non solo come un bene, ma come un’esperienza a tutto tondo, con la sua storia e quella delle persone che l’hanno creato. Nel valutare gli acquisti, il 92% degli italiani afferma che la tracciabilità degli alimenti è preziosa perché permette di garantire l’autenticità dei prodotti, fornendo informazioni certificate su provenienza, freschezza e processo di lavorazione, mentre per quanto riguarda il settore della moda, un altro studio IBM ha rilevato che oltre il 76% degli italiani si affida ai QR Code per avere informazioni dettagliate riguardo ciascuna fase del processo produttivo.
Le tecnologie esponenziali, come cloud ibrido, intelligenza artificiale, cybersecurity e blockchain possono abilitare questa innovazione, creando valore per il Made in Italy e portando l’industria a superare con più decisione gli ostacoli della pandemia.
Le filiere della moda e dell’alimentare possono contare su un’enorme mole di dati, strutturati e non strutturati, che se gestiti con intelligenza rappresentano la prima fonte per generare un vantaggio competitivo. A questo scopo, affidarsi ad un’infrastruttura hybrid cloud aperta garantisce efficienza, agilità e sicurezza ideali per abilitare tutta una serie di applicazioni e strategie basate su intelligenza artificiale, apprendimento automatico, tecnologie Speech to Text e Text to Speech, che aiutano, da un lato, a efficientare i processi operativi, consentendo ai dipendenti di dedicarsi maggiormente alle attività a valore aggiunto, e, dall’altro, a comprendere in tempo i cambiamenti nelle abitudini dei consumatori, ottenere insight utili e restituire nuove possibili strategie per fornire un servizio altamente personalizzato e vicino alle necessità di ogni singola persona.
La blockchain, associata largamente alle criptovalute, è la tecnologia che oggigiorno sta rivoluzionando maggiormente la supply chain permettendo una migliore trasparenza tra gli attori della filiera produttiva, un maggior controllo sulla provenienza delle materie prime e un veloce richiamo in caso di riscontrati problemi quali la salubrità di un alimento. Inoltre, sfruttando dispositivi Internet of Things (IoT), garantisce il controllo sul rispetto della catena del freddo anche in movimento, di particolare utilità non solo in ambito alimentare ma anche farmaceutico ed ospedaliero. Focalizzandoci in particolare sul Made in Italy, la blockchain può aiutare a sconfiggere l’annoso problema dell’Italian sounding che drena risorse alla nostra industria alimentare.
Ci si potrebbe chiedere come una singola tecnologia possa garantire tutti questi benefici e la risposta è nel suo essere una particolare forma di Distributed Ledger Technology (DLT), ovvero un registro di notarizzazione distribuito su molteplici nodi nei quali le informazioni vengono scritte in blocchi cifrati ed ogni blocco ha un riferimento (id univoco) a quello precedente. I singoli nodi, ricevute nuove informazioni da scrivere sulla blockchain e partendo dal medesimo “archivio”, compiranno localmente le necessarie operazioni giungendo ad un risultato che, in assenza di manomissioni, sarà identico per tutti i nodi.
La protezione contro tali manomissioni viene garantita dalla numerosità dei nodi, tanto maggiore la quantità tanto minore sarà la capacità di hacking prima che la maggioranza abbia compiuto il set di operazioni successive.
Per migliorare la sicurezza nonché l’efficienza in ambito supply chain, si prediligono blockchain di tipo permissioned in cui tutti i partecipanti al network sono noti e possono compiere azioni in base al proprio livello di permessi.
IBM Transparent Supply è la soluzione di blockchain di tipo permissioned dedicata alla supply chain, il cui scopo è offrire alle nostre eccellenze Italiane soluzioni semplici da usare, grazie anche all’uso dell’intelligenza artificiale.
Per quanto riguarda l’industria della moda, ad esempio, IBM ha stretto un accordo con il brand di lusso Piacenza1733 per implementare la blockchain lungo tutta la catena del valore, consentendo ai clienti di seguire il viaggio dei tessuti top di gamma, grazie a un sistema di tracciabilità che ne certifica l'autenticità e che arriva al cliente grazie ad un semplice QR Code apposto sui capi. IBM Research di Haifa (Israele) ha utilizzato il potenziale della piattaforma IBM Blockchain Transparent Supply (IBM BTS) per tracciare la produzione dei tessuti dall’origine alla vendita, raccogliendo ogni tipo di dettaglio sui capi lavorati, per fornire maggiori garanzie su sostenibilità ed eticità dei processi di produzione, oltre ad una visione completa degli ordini effettuati e delle spedizioni.
In ambito alimentare, invece, IBM ha all’attivo diverse collaborazioni: con Rio Mare, ad esempio, per lo sviluppo della prima “carta d’identità” virtuale del tonno che consente ai consumatori di avere informazioni in tempo reale sulla provenienza del pescato, sui metodi di pesca e le caratteristiche dell’area FAO di origine, garantendo totale trasparenza su temi potenzialmente critici come pratiche di allevamento e rispetto dei diritti umani. Un modello simile a quello che è stato sviluppato quest’anno con Massimo Zanetti Beverage Group per la tracciabilità del caffè e che ha dato vita a Segafredo Storia, un prodotto che consente non solo di conoscere la storia di ogni tazzina dal chicco alla tavola, ma anche di sostenere e veder crescere i progetti che il Gruppo porta avanti nei territori dell’Honduras a favore di una migliore qualità di lavoro e di vita per la popolazione.
Ultimo in ordine temporale il tracciamento che la Pietro Coricelli ha attivato sul proprio prodotto in poche settimane dall’avvio del progetto rendendo disponibili sugli scaffali dei supermercati le prime bottiglie d’olio corredate dal QR code per la verifica della filiera tramite IBM Transparent Supply.
L’innovazione portata da tali tecnologie non può comunque prescindere da un’organizzazione strategica e di business basata sulla collaborazione con tutti gli attori della catena del valore: ecosistema è la parola chiave, la creazione di connessioni con i partner basate su apertura, trasparenza e flessibilità.
Serve, quindi, rivedere le supply chain con l’obiettivo di migliorare l’efficienza e garantire la sostenibilità e resilienza dei processi, in modo anche da rispondere a una maggiore sensibilità dei consumatori, soprattutto più giovani, che avranno il potere d’acquisto in futuro. Serve rivedere i modelli di business per mettere al centro l’impegno verso tutti gli stakeholder – consumatori, dipendenti, società, terze parti. Bisogna riconoscere che le abitudini di consumo sono cambiate e portare sulle piattaforme digitali non solo i processi di acquisto, ma le esperienze, potenziando l’interazione con i consumatori e comprendendone i bisogni.
Serve, quindi, uno slancio coraggioso da parte delle aziende del food e del fashion per approfittare delle risorse ora a disposizione. Se le industrie del Made in Italy, con la loro presenza sul mercato, sapranno approfittare di questi strumenti, la transizione digitale avrà una vera attuazione da cui sarà impossibile tornare indietro.
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