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Pensiero, creatività e innovazione nell’era dell’AI
By Francesca Rossi |
gennaio 30, 2023

Qual è l’essenza della natura umana? Quello che ci rende unici, diversi dagli oggetti inanimati e anche dagli animali? E’ essere forti fisicamente? O interpretare il mondo intorno a noi e...

Qual è l’essenza della natura umana? Quello che ci rende unici, diversi dagli oggetti inanimati e anche dagli animali? E’ essere forti fisicamente? O interpretare il mondo intorno a noi e reagire agli stimoli che ci fornisce? O difendere noi e i nostri familiari? O ancora, modificarci tramite i meccanismi dell’evoluzione? Queste sono tutte cose che ci appartengono, a chi più e a chi meno, ma non sono la nostra essenza. Noi abbiamo la capacità di pensare, di riflettere, di ragionare su quello che è successo e di immaginare quello che succederà e di modificare i nostri comportamenti come conseguenza del nostro ragionare. Noi possiamo generare nuove idee, formulare le nostre credenze personali e usarle per creare, innovare, esplorare nuovi territori, fisici e immaginari. Come scrisse Rene’ Descartes nel 1637, “Cogito, ergo sum”. Noi pensiamo, quindi siamo.

Questo non vuol dire che dobbiamo pensare, riflettere, e pesare attentamente i vari aspetti di ogni situazione in cui siamo prima di prendere qualsiasi decisione. Come dice il premio Nobel Daniel Kahneman, abbiamo la capacità di usare sia il pensiero “veloce” (reattivo, automatico e inconscio) che quello “lento” (attento, riflessivo ed esplicito), e la nostra natura ci da’ la possibilità di combinare questi due tipi di pensieri e decidere quale usare.

Per le decisioni semplici, quelle che prendiamo tutti i giorni in situazioni che ci sono familiari (come guidare, camminare, leggere, parlare nella nostra lingua o riconoscere il viso di un amico tra la folla), va bene, anzi va meglio, usare il pensiero veloce, ma se lo usiamo anche per tutte le altre situazioni, la qualità delle decisioni scende, e non sappiamo neanche spiegare perchè le abbiamo prese. Il pensiero veloce è inconscio e automatico, non crea conoscenza esplicita. Invece, con il pensiero lento, possiamo verbalizzare le motivazioni delle nostre decisioni e questo ci permette di confrontare le nostre idee con chi le ha diverse da noi, riflettere sulle diversità e magari anche rivedere le nostre idee arrivando a dei compromessi in cui tutti vincono.

Si, perché noi siamo esseri sociali, molto più degli animali, anche di quelli che vivono in gruppo. E il confronto porta culture, tradizioni e idee diverse a trovare sinergie e collaborazioni. Senza il confronto, viviamo in tribù isolate e spaventate, in bolle mono-culturali che funzionano secondo credenze e pregiudizi inconsci e radicati. Questo non aiuta l’umanità a crescere e a muoversi verso un futuro disegnato in modo condiviso e in cui tutti possano trovare il proprio spazio, esplorare il proprio valore, e diventare il meglio di se’.

In questo mondo digitale, connesso e sempre online, in cui l’Intelligenza Artificiale ha un ruolo sempre più importante, cosa succede a questa nostra essenza? Viene protetta, sviluppata, facilitata, oppure viene sopita e quasi dimenticata?

L’Intelligenza Artificiale, questo nome così esoterico e a volte preoccupante, cos’è veramente? Non è quella dei film, non è il robot Terminator che vuole annientare l’umanità, non è il bambino artificiale del film AI che vuole avere dei sentimenti, e non è neanche il computer HAL 9000 che non apre la porta della navicella spaziale e ci lascia morire nello spazio. L’Intelligenza Artificiale non appartiene al futuro e alla fantascienza. E’ nella nostra vita oggi, adesso. Aiuta i radiologi a interpretare meglio cosa vedono nelle lastre, le aziende di trasporti a ottimizzare le operazioni, i magazzini a gestire più velocemente gli ordini, accellera gli esperimenti e le scoperte scientifiche, come il vaccino per il COVID. E’ anche presente in tutte le nostra attività online. Ci avverte se qualcuno usa in modo fraudolento la nostra carta di credito, ci smista le email e mette quelle inutili nello spam, ci consiglia che libro comprare e chi seguire sui social, decide quali contenuti farci vedere, riconosce il viso di una persona quando facciamo una foto. In autostrada, il sistema Tutor legge la nostra targa due volte a distanza di pochi chilometri e calcola la nostra velocità media. L’AI viene anche usata per ottimizzare l’agricoltura e per combattere il cambiamento climatico. In casa, i sistemi come Alexa capiscono i nostri comandi vocali, fornendo informazioni e suggerimenti e gestendo le luci e tutti gli altri apparecchi domestici. Insomma, viviamo immersi in un mondo digitale, che fornisce all’Intelligenza Artificiale tutti i dati necessari per effettuare bene tutte queste attività e molte altre.

Altre applicazioni arriveranno presto. Le auto che guidano da sole non ci sono ancora, ma molta della tecnologia sviluppata in questo campo è già usata in molti modelli di auto odierne. I sistemi di guida assistita, tutti basati sull’AI, frenano quando ci avviciniamo velocemente ad un’altra auto, ci avvisano quando andiamo fuori della nostra corsia o ci suggeriscono di fermarci quando sembriamo troppo stanchi. Molte delle applicazioni dell’AI sono dovute alla sua capacità, tramite le tecniche di machine learning, di interpretare bene i contenuti che noi produciamo, come immagini, voci e testi.

L’AI sta anche imparando ad avere la capacità di creare contenuti e sa già generare storie, musica e immagini.

 

 

 

Ad esempio, “Daddy’s car” è una canzone creata nel 2016 da un algoritmo di AI in un centro di ricerca della Sony, nello stile dei Beatles. E’ di poche settimane fa la notizia che questa immagine, generata da un programma di AI chiamato Midjourney, ha vinto un premio artistico nella Colorado State Fair.

Tutte le immagini che vedete in questo mio articolo sono state generate da un programma di AI, chiamato DALL-E, dell’azienda OpenAI, che sa produrre immagini a partire da una descrizione testuale. Ad esempio, la prima imagine (una donna su sfondo viola) è una immagine generata a partire dal questo testo: “A 3D render of a person who generates new ideas and imagines”. Quest’altra è una immagine generata da: “Solar panels in a desert, grey background, digital art”.

E ancora, quest’altra immagine è stata generata dal testo: “A person thinking in the style of Rodin, black background, digital art”.

Non vi sembrano immagini molto belle e interessanti? Non è incredibile che l’AI sappia fare anche queste cose? Entusiasmante, no? Vedete qualche problema nell’usare questi algoritmi? Io l’ho usato per generare questa presentazione, è stato divertente, interessante e anche utile.

Prima di rispondere a queste domande, chiediamoci come fa l’AI a generare queste immagini, a partire da una semplice descrizione testuale? L’idea è semplice, anche se le tecniche sono complesse nei dettagli. Quindi le semplificherò più del dovuto per questo articolo. Viene usata una enorme rete neurale (una struttura che ricorda un po’ la rete di neuroni del nostro cervello), che, data una descrizione testuale, genererà una immagine. Prima di essere pronta all’uso, però, la rete va allenata, in modo da poter generare immagini (quasi sempre) corrette. Per fare questo, le vengono forniti tantissimi esempi di immagini e di relative descrizioni testuali, e lei, che all’inizio genera immagini casuali, per ogni esempio che esamina, aggiusta il proprio funzionamento interno per adeguarsi a quello che vede nell’esempio, in modo da generare immagini sempre più corrispondenti al testo che le verrà dato in input. DALL-E usa una rete neurale con 12 miliardi di parametri, che viene allenata con centinaia di milioni di esempi di immagini presi dal web.

A proposito, da dove vengono presi tutti questi dati che servono per allenare le reti neurali? Li generiamo noi, con i nostri like, follow, testi, immagini e video che carichiamo sulla rete. Una generazione di dati che la pandemia ha accelerato vertiginosamente. Si prevede che nel 2025 arriveremo a toccare 180 Zetta bytes di dati generati. Per capirci, un zettabyte è un 1 seguito da 21 zero, un numero enorme.

Insomma, usando queste e molte altre techniche, l’AI ci rende la vita più semplice, ci aiuta a trovare risposte alle nostre domande, ci propone connessioni, post e film che sono allineati con le nostre preferenze, genera anche testi o immagini per noi. Ma tutto questo, supporta e migliora la nostra essenza, le nostre caratteristiche distintive come esseri umani o rischia di metterle da parte?

Quando siamo sommersi da stimoli e dati, così tanti che non sappiamo gestirli, riceviamo con gratitudine l’aiuto di chi ci semplifica la vita. Ma se non stiamo attenti, questo ci può portare ad adottare un comportamento reattivo e velocissimo, che non ci da’ tempo di pensare. Così finiamo per interagire solo online e solo con le persone che la pensano come noi. Raramente esploriamo zone della rete che non ci vengono presentate, che contengono film diversi da quelli che abbiamo già visto e post di persone con idee diverse dalle nostre.

La connessione online è stata una fortuna negli anni della pandemia, altrimenti saremmo veramente stati soli, non solo fisicamente. Nessuno avrebbe potuto lavorare e gli studenti non avrebbero potuto continuare i loro studi. Ma adesso rischiamo di esagerare con un comportamento solo reattivo, basato sulla velocità e la comodità, che non supporta la riflessione, la creatività e l’innovazione. Rilasciamo i nostri dati senza pensarci, clicchiamo o firmiamo i moduli di consenso senza leggerli, scrolliamo sui social molto velocemente, senza neanche leggere a volte. Senza una vera riflessione e consapevolezza delle nostre scelte nell’uso della tecnologia, rischiamo di rafforzare i nostri bias inconsci invece che confrontarci con i diversi da noi.

Ma torniamo all’uso di algoritmi come DALL-E. E’ stato entusiasmante per me scoprire cosa sa fare e usare le immagini generate con questo programma. Se un algoritmo genera le immagini che ci servono, invece che dover chiamare e parlare con un grafico, è comodo, veloce e conveniente. Ma se tutti facessero così, che fine farebbero i grafici? E che ne sarebbe del loro modello di business? Ma, ancora più importante, che fine farebbe il processo creativo che queste persone seguono per generare le immagini? Portato all’estremo, se l’AI può generare contenuti di qualità, che siano immagini o testi, il processo creativo dell’intera società sarebbe eliminato. E che società avremmo senza più nessuno che crea e innova? Forse dovevo riflettere meglio prima di usarlo? In ogni caso, usarlo è stato per me anche un modo per fare queste considerazioni.

Deve per forza essere così? L’uso dell’AI deve per forza portare a una vita dove il ragionamento e la collaborazione sono troppo scomodi per essere adottati? L’Intelligenza Artificiale è necessariamente contraria alla protezione e lo sviluppo della nostra essenza? Certamente no. Però va sia costruita e usata nel modo giusto.

Per prima cosa, non va usata per sostituire le persone, ma per aiutarle, soprattutto in attività a grande impatto, come il campo medico, finanziario o di gestione delle risorse umane.

Ma anche in altri campi, come quello creativo che abbiamo discusso prima, va usata a supporto della creatività umana, non per sostituirla.

In verità, l’immagine che ha vinto il premio non è stata semplicemente presa dall’output di un sistema di AI, ma l’artista umano l’ha scelta tra tante che l’AI ha generato e poi l’ha modificata con altri software, quindi la creatività dell’artista è stata supportata dall’AI piuttosto che rimpiazzata.

Le persone devono mantenere il controllo sulle proprie decisioni, in modo che le loro competenze vengano aumentate invece che diminuite, e tendano a ragionare più attentamente e con maggiore cognizione di causa sulla decisione da prendere. Supportare un artista, un giornalista, o un romanziere con AI che sa generare immagini o testi può e deve esaltare ed espandere il talento della persona e la sua creatività, fargli esplorare spazi non visti o considerati prima. Questo supporta il processo creativo, non lo annienta.

L’IA così ci aiuta ad essere più consapevoli di noi, delle nostre scelte, dei criteri e dei valori che usiamo nel farle e ci aiuta anche a creare ed innovare di più. Insomma, supporta la nostra essenza di esseri umani.

Ci sono però cose che noi umani facciamo che non vanno esaltate o amplificate. Non sempre prendiamo le decisioni più giuste, per esempio in modo che non ci siano discriminazioni o ingiustizie, anche senza tecnologia. Abbiamo centinaia di bias inconsci che verrebbero usati automaticamente se non attivassimo bene la nostra capacità di riflessione e consapevolezza. Chi in una azienda decide le assunzioni e le promozioni, potrebbe replicare vecchi stereotipi e discriminazioni, per cui, ad esempio, le donne o altri gruppi della società sono molto meno presenti in certi settori.

Se costruita bene, l’Ai ci può ricordare di queste nostre pecche, e ci può allertare se riconosce un nostro comportamento non adatto, proprio come il sistema di supporto alla guida ci allerta se vede che andiamo fuori dalla nostra corsia. Ma bisogna programmarla in modo che sappia riconoscere i limiti della corsia e sappia capire se noi stiamo deviando troppo. Lo stesso con altri nostri valori, come l’equità e l’inclusione. Se non ce ne accorgiamo noi, l’AI ci può aiutare a prendere decisioni che siano allineate con i nostri valori, in tutte le nostre attività, che siano la guida o le diagnosi mediche, le decisioni importanti della nostra vita, o la concessione di prestiti, di carte di credito e di servizi al cittadino.

La buona notizia è che moltissimi ricercatori stanno lavorando per inserire nell’AI i valori che per noi sono importanti e anche per fornirle la capacità di supportare le nostre decisioni invece che sostituirci. Gli esperti di AI quindi lavorano sia su nuove tecniche che su modi per rendere l’AI in grado di supportare l’essenza di noi esseri umani.

Per fare questo, però, ci deve essere una volontà, l’attività di ricerca deve seguire un’intenzione chiara ed esplicita, non può andare avanti a caso. Deve seguire dei principi e deve avere ben chiaro quale vogliamo che sia il ruolo della tecnologia, in modo che sia l’AI a supportare il progresso dell’umanità, invece che fare adeguare l’umanità alla tecnologia.

Per raggiungere questo fine, tutti hanno un ruolo importante: le aziende devono creare e usare l’AI con i giusti principi e le tecniche più adatte, i governi devono emanare le leggi che evitino usi dannosi e imporre regole precise su quelli rischiosi, e anche tutti noi dobbiamo fare la nostra parte.

Cosa vuol dire? Cosa possiamo fare noi, come individui, nella nostra vita di tutti i giorni? Semplice: usare la tecnologia in modo più consapevole. Fare delle pause. Riflettere sull’impatto che quella tecnologia può avere sulla nostra società. Non affidarci alla tecnologia in modo passivo. Usarla per capire meglio, per affinare le nostre conoscenze, esplorare nuove aree, confrontarci con altre persone, cambiare idea, raggiungere dei compromessi, collaborare. Naturalmente, è semplice dirlo ma meno semplice farlo. Ma basta iniziare da piccole cose. La prossima volta che usiamo una piattaforma social, proviamo a cercare argomenti e persone non considerati prima. Se cerchiamo su web informazioni su un argomento, non guardiamo passivamente solo quello che ci viene mostrato, ma esploriamo. Se ci viene chiesto di dare il consenso al rilascio dei nostri dati, che sia in una app o in banca o in qualsiasi altra attività, pensiamoci, facciamo domande. E quando il nostro telefono ci dice quante ore al giorno abbiamo passato online, fermiamoci a pensare se è stato un uso utile del nostro tempo.

Abbiamo tutta la conoscenza del mondo davanti a noi, nel nostro telefono o sul nostro computer connesso in rete. Usiamola per migliorare noi stessi. La tecnologia alla fine seguirà i nostri voleri. Se nessuno userà un’app che non aiuta a riflettere, questa app verrà rimpiazzata da altre, costruite in modo più adatto ai valori che ci interessano: giustizia, apertura, creatività, innovazione, riflessione. Solo così potremo sfruttare le cose incredibili che l’Ai sa fare, e soprà fare sempre di più per proteggere e migliorare la nostra essenza.

Insomma, usiamo il pensiero lento per andare lontani, tutti insieme, anche con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale.

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