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Tra le prime aziende di moda ad introdurre l’abbigliamento “prêt-à-porter” di fascia alta, l’italiana Max Mara Fashion Group conferma lo stile pionieristico che l’ha sempre...
Tra le prime aziende di moda ad introdurre l’abbigliamento “prêt-à-porter” di fascia alta, l’italiana Max Mara Fashion Group conferma lo stile pionieristico che l’ha sempre contraddistinta nel mercato globale della moda. Oggi, proprio questo modello aziendale, incentrato sul rendere la moda di alta qualità accessibile a tutti, attraverso un’ampia gamma di marchi, è più che mai di successo. Con sede a Reggio Emilia, Max Mara è un’azienda fondata nel 1951, che oggi opera in 105 Paesi, può vantare 41 società e oltre 5.500 dipendenti e gestisce 10 marchi in tutto il mondo.
Un altro aspetto del business model di Max Mara, che è essenziale per fidelizzare la clientela, è quello relativo all’esperienza di acquisto, che può avvenire sia attraverso uno dei 10 siti web specifici dell’azienda, sia attraverso gli oltre 2.300 negozi in tutto il mondo. La digitalizzazione e il marketing omnichannel sono stati determinanti.
Per Max Mara, come per molte altre aziende, l’arrivo della pandemia - e i conseguenti cambiamenti nei comportamenti di acquisto - ha accelerato il processo di trasformazione digitale già in atto. Infatti, durante gli ultimi due anni, la quota digitale del volume d’affari è quasi triplicata. L’area Digital Operations di Max Mara, istituita all’inizio di questo percorso, ha intuito che l’efficienza delle operazioni di back-end avrebbe avuto un impatto ancora maggiore sulla soddisfazione dei clienti.
“Se si immagina una heat map dei potenziali miglioramenti dei processi, l’area più cruciale è il ciclo Order-to-Cash, che va dall’elaborazione degli ordini all’evasione, al pagamento e al servizio clienti”, spiega l’Head of Digital Operations di Max Mara. “E durante i picchi stagionali delle vendite che registriamo - tipicamente a luglio e dicembre, queste zone rosse diventano ancora più calde”.
I problemi di processo creano colli di bottiglia, soprattutto nelle attività di magazzino tra il prelievo e l’imballaggio e la spedizione. Nel valutare diverse alternative, il team digitale di Max Mara ha preso in considerazione approcci tradizionali di riprogettazione dei processi che si basavano su sistemi di business intelligence (BI) e sugli insight in prima linea di business analyst, process owner e altri stakeholder per analizzare a fondo i problemi di flusso dei processi. Secondo il team pur essendo funzionali all’ottimizzazione dei processi, tali metodi erano in grado di soddisfare solo parte delle necessità. “I sistemi di BI sono determinanti per evidenziare i sintomi dei problemi di processo”, spiega l’Head of Digital Operations di Max Mara, “ma non sono altrettanto capaci di diagnosticarne le cause profonde, fondamentali per la loro risoluzione”.
La visione di Max Mara si esprime anche attraverso la capacità di intraprendere azioni mirate, basate su dati concreti. Ciò significa non solo individuare i processi non ottimali a livello granulare - ad esempio, gli schemi di assunzione del personale in un particolare magazzino o le prestazioni di un fornitore di servizi logistici - ma anche fare proiezioni basate sui dati su come i cambiamenti di un processo specifico - che si tratti di correggere un flusso o di automatizzarlo - influirebbero sulle principali metriche operative.
Il team di digital ops si è reso conto che la complessità delle attività nell’area del digitale di Max Mara rendeva particolarmente impegnativa la realizzazione di questo processo data-driven.
“Vendiamo in tutto il mondo e, mentre il ‘front end’ del nostro processo di ordinazione è abbastanza standardizzato, la parte fisica del flusso - più in basso nel processo - varia notevolmente da Paese a Paese”, spiega l’Head of Digital Operations di Max Mara. “Lo stesso vale per i nostri sistemi di supporto come l’ERP e il CRM, anch’essi fortemente personalizzati per le esigenze locali”.
Come migliorare l’Order-to-Cash attraverso il process mining
Per migliorare i processi Order-to-Cash (OTC) di Max Mara era necessario rilevare con rapidità e precisione l’origine dei problemi ma anche identificare le soluzioni che avrebbero generato il ROI più alto. Il team digital ops di Max Mara cercava uno strumento che combinasse la flessibilità di integrazione con potenti capacità di modellazione dei processi più dettagliati. Per questo ha optato per i tool avanzati di process discovery. Dopo aver vagliato diverse proposte, la scelta è ricaduta su IBM® Process Mining, identificata come “la soluzione più completa per l’ottimizzazione dei processi data-driven”.
Oggi, queste attività sono gestite dal Competence Center per l’ottimizzazione dei processi istituito nell’ambito del progetto di integrazione di IBM Process Mining della durata di otto mesi. Il responsabile del Centro spiega: “Forniamo soluzioni tecniche in base alle esigenze dell’azienda e agiamo come entità pivot, coordinando l’analisi e l’applicazione tra l’azienda, i nostri partner di integrazione e la nostra infrastruttura IT interna”. Il Competence Center ha svolto un ruolo fondamentale nel progetto di Process Mining. Un Business Analyst del Centro afferma: “Oltre a valutare gli aspetti legati al business, abbiamo eseguito un’analisi approfondita del nostro flusso Order-to-Cash esistente nel complesso scenario multi-software e multi-fonte di dati”. Gli insight qualitativi emersi da questa analisi sono stati fondamentali per rilevare la situazione iniziale di partenza per la riprogettazione dei processi. Ma, in ultima analisi, le decisioni sui processi - che si tratti di modificare un flusso o di automatizzarlo - richiedono dati reali e fruibili derivanti dai processi stessi. Secondo l’Head of Digital Operations, è qui che la soluzione IBM colma il divario. “Poiché le decisioni relative ai processi devono essere basate sul loro ROI, sono valide solo quanto i dati e i modelli di scoperta dei processi che ne sono alla base”, spiega. “La forza degli algoritmi di IBM Process Mining, insieme all’ampiezza dei feed di dati applicativi aziendali che è in grado di processare, ci dà la certezza di sapere dove intervenire e quale sarà il business case di tali azioni”.
Si consideri, ad esempio, un caso in cui il lead time degli ordini in una particolare area geografica sia notoriamente più elevato e la causa principale sospettata sia il flusso di pick-and-pack del magazzino. Esaminando i dati ERP, CRM e altri dati pertinenti attraverso i modelli di Process Mining di IBM, i membri del team CoE possono non solo confermare l’ipotesi, ma anche individuare gli impatti imprevisti dei processi che aggravano il problema. “In alcuni casi, sapevamo che c’era un collo di bottiglia dovuto a deviazioni del processo”, dice il responsabile delle Digital Operations. “Ma siamo rimasti sorpresi da quanto fosse complesso il flusso e da quanti pochi ordini in magazzino seguissero effettivamente il flusso di processo ‘happy path’. Questa visione data-driven ci ha permesso di progettare una soluzione più appropriata ed efficace per il problema”.
Scegliere la smart automation per il massimo ROI possibile
Prima di intervenire sui processi è fondamentale conoscere l’impatto che avrà il cambiamento apportato. Le funzionalità di simulazione integrate nella soluzione IBM Process Mining consentono ai progettisti di verificare il probabile impatto delle modifiche introdotte in termini di metriche chiave, come i tempi di esecuzione e i requisiti di personale. Le stesse funzionalità specifiche del modello possono anche rivelare se un particolare cambiamento possa o meno avere un impatto imprevisto. “Abbiamo visto come l’eliminazione di un collo di bottiglia in un punto del flusso possa causarne un altro in un altro punto”, spiega il responsabile delle Digital Operations. “Rivelando questi impatti attraverso la modellazione dinamica, IBM Process Mining ci ha permesso di adottare un approccio più olistico all’ottimizzazione dei processi”.
Interessante il caso in cui il team di digital ops aveva la necessità di a capire come le modifiche proposte nell’elaborazione delle richieste di assistenza post-vendita dei clienti avrebbero influito sui colli di bottiglia durante il cosiddetto “alto carico”, ossia quando il volume raggiungeva i picchi stagionali. Utilizzando l’IBM Process Mining, sono stati in grado di identificare le parti più ripetitive del flusso di processo che si prestavano meglio all’automazione. Simulando questi cambiamenti – compresa l’automazione di segmenti chiave del flusso di processo - sono stati in grado di dimostrare importanti risultati, quali: una riduzione fino al 90% dei tempi di risoluzione dei task del servizio clienti, oltre a una riduzione del 46% del costo medio per l’eliminazione di ciascun collo di bottiglia.
Sebbene oggi Max Mara sia ancora nella fase relativamente iniziale di automazione dei processi, il responsabile delle Digital Operations crede che nel prossimo futuro diventi un elemento molto ancora più importante della strategia di digitalizzazione dell’azienda. E vede nell’IBM Process Mining uno strumento essenziale per tracciare questo percorso. “Fare investimenti strategici nell’automazione dei processi sarà fondamentale per offrire l’esperienza digitale di alta qualità che i clienti si aspettano”, spiega. “Con IBM Process Mining, abbiamo ottenuto un potente strumento per identificare i punti in cui l’automazione darà il massimo beneficio, per i nostri clienti e per l’azienda”.
Anche il Competence Center lead è d’accordo ed afferma: “Crediamo che il successo di questo progetto lo renderà il primo di molti altri in altre nostre business unit”.
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