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Supply chain, una torre di controllo digitale per renderla più resiliente, responsabile e sostenibile
By Stefano Rebattoni |
aprile 04, 2022

La pandemia prima e le tensioni geopolitiche dopo, hanno fatto emergere la centralità delle catene di approvvigionamento nel contesto locale e globale, mettendo in evidenza le conseguenze di un...

La pandemia prima e le tensioni geopolitiche dopo, hanno fatto emergere la centralità delle catene di approvvigionamento nel contesto locale e globale, mettendo in evidenza le conseguenze di un sistema spesso obsoleto, inefficiente e impreparato a fronteggiare le emergenze. Il futuro riserva nuovi e inevitabili elementi critici per le supply chain: i più prevedibili sono collegati agli effetti dei cambiamenti climatici, ma altri fattori di rischio derivano, ad esempio, dal mutato scenario dei rapporti tra paesi interdipendenti tra loro e, quindi, dalle variazioni legate alle forniture di energia. Basti pensare alla crisi innescata dalla carenza di semiconduttori e, ancora di più, alle conseguenze derivanti dal conflitto in Ucraina. Gli effetti nel medio-lungo termine, collegati alla volatilità della domanda e all’inflazione crescente, hanno e avranno ripercussioni sui costi delle materie prime fino alla produzione, al trasporto e alla distribuzione. Con il rischio che il fenomeno vada ad impattare sull’occupazione e il potere di acquisto, alimentando tensioni sociali che già la pandemia aveva portato a livelli di attenzione da parte dei governi.

Un aspetto di fondamentale importanza, poi, è legato alla sicurezza di informazioni e reti, laddove un intervento di criminali informatici può non solo mettere in difficoltà gli attori della supply chain, ma influenzare anche le relazioni economiche e gli equilibri geopolitici. Secondo l’ultimo X-Force Threat Intelligence Index, che illustra strategie e vettori di attacco perpetrate dai cybercriminali di anno in anno, nel 2021 il 23,3% degli incidenti ha interessato l’industria manifatturiera, che ha scalzato il settore del finance & insurance dal primo posto, segno inequivocabile che gli autori di ransomware stanno puntando alla destabilizzazione della produzione e delle catene di approvvigionamento all’interno dell’economia globale. L’impatto sull’Italia è evidente, dal momento che gli attacchi al manifatturiero ammontano al 47% degli incidenti totali registrati. Inoltre, i gruppi ransomware sono sempre più attenti e veloci nel far leva su eventi di portata mondiale: basti pensare che nel 2021 il Giappone ha subito una raffica di attacchi, potenzialmente legati ai Giochi Olimpici estivi, che hanno contribuito a rendere l’Asia il continente con più violazioni subite in assoluto (26% degli incidenti registrati).

Dopo una crescita a doppia cifra nel 2021, il 17% delle imprese manifatturiere italiane denuncia oggi strozzature nella supply chain elettronica ma anche delle materie prime, con la conseguenza di un rallentamento della produzione nonostante il forte incremento della domanda. Tutto ciò ha portato il Fondo Monetario Internazionale ad abbassare le previsioni per il PIL italiano dello 0,4%, evidenziando il rischio di perdere il vantaggio guadagnato in Europa dopo un ottimo recupero del 12,4% per tutte le specializzazioni produttive nazionali secondo (dati Istat).

L’andamento di interi settori commerciali e, infine, di intere economie, è quindi sempre più legato ad una “responsabilità” collettiva che al successo o alla frenata di un singolo comparto. L’unica certezza è che siamo esposti ad eventi improvvisi ed è quindi necessario ormai ragionare non più nell’ottica reattiva, ma in quella predittiva. Ciò richiede la capacità e la volontà di riprogettare le catene di approvvigionamento sulla base di nuovi criteri per renderle meno dipendenti da singoli nodi critici, trasformandole in sistemi più resilienti e più agili nell’affrontare imprevisti e mutamenti del mercato.

Puntare sulla digitalizzazione non è più un’opzione, bensì una condizione obbligatoria per essere parte di filiere di settore efficaci ed efficienti. Un aiuto viene certamente dal PNRR, che prevede un investimento di 14 miliardi nella transizione digitale con un focus sulle PMI. L’obiettivo è quello di un’evoluzione non più legata al macchinario fisico ma resa più agile dalle tecnologie che permettono di automatizzare i processi con una ricaduta positiva sull’intero ecosistema.

In questo processo di trasformazione digitale a lungo termine, dati e tecnologie avanzate come cloud ibrido, intelligenza artificiale, edge computing e blockchain intervengono per risolvere molti degli ostacoli attuali.

Le tecnologie disponibili oggi, consentono di reagire tempestivamente ai cambiamenti e avere già pronte delle alternative. Esistono una serie di soluzioni dedicate alla resilienza della supply chain che, a partire da una “torre di controllo cognitiva”, analizzano in tempo reale i dati, individuano velocemente le situazioni di criticità, e consentono di prevenire interruzioni, suggerendo ad esempio partner alternativi per la fornitura dei prodotti o riprogrammazioni dei piani di produzione. Un aspetto fondamentale per quelle industrie che ricoprono un ruolo critico e devono operare in rapidità.

Le tecnologie digitali sono in grado di favorire uno sviluppo sostenibile ed etico delle supply chain. Dal punto di vista ambientale, ad esempio, per l’UNIDO (United Nations Industrial Development Organization) il 45% delle emissioni di gas serra è causato da produzione e stili di vita. Il comparto produttivo, quindi, ha un ruolo determinante nella transizione ad un’economia circolare. Possiede, infatti, potere decisionale su tutti i processi, dalla fase di progettazione e lavorazione dei prodotti, al controllo sulla supply chain, e può stabilire come ottimizzare l’impatto sull’ambiente, oltre ad intervenire nei processi di recupero e riciclo dei materiali. In questo contesto, tecnologie come la blockchain hanno un potenziale enorme sia perché garantiscono alle imprese coinvolte nella catena di approvvigionamento il rispetto di certi standard di produzione - ad esempio fornendo i dati di origine delle materie prime e policy aziendali in materia ambientale e occupazionale - sia perché aiutano i consumatori ad avere una prova da fonte sicura, trasparente ed immutabile dell’effettiva sostenibilità di un’azienda. Un recente studio di IBM Institute for Business Value con National Retail Federation, la più grande associazione mondiale del commercio al dettaglio, ci ricorda il 44% dei consumatori sceglie i prodotti/marchi in base ai valori in cui crede. Come, per esempio, la sostenibilità.

IBM sta investendo molto nello sviluppo di soluzioni che contribuiscano a rendere il business più sostenibile: l’acquisizione di Envizi, leader nel software di analisi per la gestione delle performance ambientali, mira a semplificare la gestione di queste attività come parte di più ampie iniziative di reporting ESG, fornendo al contempo preziose informazioni sulla sostenibilità delle strategie aziendali.

Nonostante le incognite passate e all’orizzonte, il commercio e la produzione non si sono fermati. Anzi, hanno in molti casi superato le aspettative. Per questo motivo, gli incentivi alla digitalizzazione degli impianti produttivi e all’integrazione di tecnologie avanzate lungo tutta la supply chain dovrebbero divenire strutturali. Ciò consentirebbe di accompagnare le aziende manifatturiere italiane, per lo più PMI a conduzione familiare, attraverso un aggiornamento continuo e costante. Fornendo loro supporto nell’affrontare i cambiamenti e gli eventuali intoppi in ogni singolo anello della catena di approvvigionamento in maniera razionale, pianificata e controllata. Con benefici in termini di stabilità, sostenibilità e regolarità dei processi.

I benefici di una trasformazione digitale ed ecologica guidata da un capitale umano adeguatamente formato non si limiterebbero al solo business, ma avrebbero un impatto virtuoso su tutta la nostra società. L’innovazione tecnologica che mette le persone al centro può mitigare l‘instabilità e la precarietà, può garantire l’effettivo rispetto dei diritti dei lavoratori coinvolti nelle catene produttive, spingendo gli altri attori dei sistemi a adeguarsi a standard condivisi e accettati. Una supply chain resa sostenibile con il contributo della tecnologia si traduce in un sistema produttivo e commerciale più solido, resiliente e responsabile a livello globale. 

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